Arkaim
La fortezza, chiamata Arkaim ( Ar-ka significa cielo e Im significa Terra), è conosciuta come la Stonehenge russa e si ritiene che sia ancora più antica della stessa Stonehenge.
Scoperta e scavo
Il sito di Arkaim, situato nella steppa degli Urali meridionali, è stato scoperto nel 1987 da un team di scienziati di Chelyabinsk che stava preparando l’area da inondare per la creazione di un bacino idrico. Inizialmente la scoperta fu ignorata dalle autorità sovietiche ma l’attenzione attratta dalla notizia della scoperta costrinse il governo sovietico a revocare la decisione. Nel 1991 fu creata una riserva culturale e nel maggio 2005 il sito fu visitato dal presidente Vladimir Putin.
Durante gli scavi di Arkaim non sono stati trovati gioielli, nessun capolavoro di arte antica, nessuna scrittura sconosciuta, né altri tesori del genere – solo frammenti di oggetti in ceramica rotti, ossa di animali domestici e selvatici, uno strumento in pietra e ancor più rari, strumenti in bronzo, il sito perciò dal punto di vista archeologico è sicuramente poco interessante ed è quasi impossibile allestire un museo. Il valore principale delle rovine era e rimane il progetto delle strutture stesse e il loro layout.
Il sito è generalmente datato al 17° secolo a.C. ma sono state proposte date precedenti, fino al 20° secolo a.C. Era un insediamento della cultura Sintashta-Petrovka. Manufatti trovati recentemente consentono una datazione ancora precedente.
Il progetto della città
Innanzitutto è importante sottolineare che la geometria di questo grande insediamento non era una raccolta di strutture separate, ma risulta immediatamente evidente un progetto ben pianificato e una realizzazione dell’insieme.
Il sito rappresenta qualcosa di completamente diverso dagli altri insediamenti dell’età del bronzo e ci i sono alcuni ricercatori che suggeriscono che il sito abbia una struttura simile a quella di Troia, come descritta nell’Iliade di Omero.
Insomma ci troviamo davanti ad un complicato e ben pianificato layout di abitazioni e strade a forma di anello, capace di creare una sofisticata trappola per i visitatori non invitati. Anche i colori dei “materiali di rivestimento” utilizzati dagli antichi abitanti di Arkaim erano significativi dal punto di vista sia funzionale che estetico.
La superficie totale del sito è di circa ventimila metri quadrati. La pianta del piano di insediamento è composta da due cerchi, uno dentro l’altro, fatti di massicce mura difensive e un fossato.
Il diametro esterno è di circa 160 metri e un fossato di circa 2 metri pieno d’acqua circonda la parete esterna.
La parete esterna è molto massiccia, alta 5,5 metri e larga cinque metri. È stato costruito con gabbie di legno piene di terra con l’aggiunta di calce e un rivestimento esterno di mattoni di terra e foglie di mais.
La città aveva quattro ingressi orientati con i punti cardinali, l’ingresso principale è orientato ad ovest.
All’interno dell’ingresso della città c’era un’unica strada a forma di anello, larga circa 5 metri, che separava le abitazioni contigue alla parete esterna da quella interna a forma di anello.
Un’estremità di ogni abitazione confinava con la parete esterna o interna e si affacciava sulla strada principale ad anello o sulla piazza centrale.
La strada aveva un pavimento in legno sotto il quale, per tutta la sua lunghezza, fu scavato il fossato largo 2 metri che si collegava al fossato esterno in modo da far defluire l’acqua piovana, l’acqua delle piogge filtrava, attraverso la carreggiata in legno, nel fosso sottostante, collegato al fossato esterno.
I cerchi delle abitazioni erano divisi in settori da pareti radiali, simili ai raggi delle ruote. Vi erano trentacinque abitazioni sul muro esterno e venticinque abitazioni sul muro interno.
I Locali
Ogni locale godeva di un pozzo, una fornace e un piccolo magazzino a forma di cupola.
Dal pozzo, sopra il livello dell’acqua, si diramavano due tubi di terracotta: uno andava alla fornace, l’altro al magazzino a forma di cupola.
Ma a cosa servivano questi due tubi? Le cose più ingegnose sono spesso semplici. Sappiamo tutti che se si guarda in un pozzo si sente un flusso di aria fresca. E così in questa antica fornace, l’aria fresca, passando attraverso il tubo di terracotta, creava una corrente di tale potenza che permetteva ai suoi abitanti di lavorare e modellare il bronzo senza usare il soffietto. Sembra, infatti, che ogni abitazione avesse una tale fornace il che fa intuire l’importanza della lavorazione dei metalli presso questo popolo.
L’altro tubo di terracotta, invece, forniva aria sempre fresca al luogo di stoccaggio, permettendo così di avere all’interno di quell’ambiente una temperatura inferiore rispetto all’aria esterna, come in una cantina o addirittura un frigorifero ante litteram.
La Piazza centrale della città
La piazza centrale che incorona Arkaim è di circa 25 x 27 metri, un quadrato all’interno di un cerchio!
A giudicare dai resti di fuoco ritrovati, situati sempre in luoghi specifici, la piazza serviva ad adempiere a funzioni religiose.
L’anello del muro interno è persino più massiccio del muro esterno, essendo largo 3 metri per 7. Questo muro, secondo i dati di scavo, non ha accessi, ad eccezione di una piccola porta a sud-est che isola i venticinque locali interni da tutto il resto.
Per entrare dalla piccola porta nell’anello interno, si doveva percorrere, perciò, tutta la lunghezza della strada a forma di anello.
Questo non solo serviva a scopi difensivi ma aveva anche un significato sacro. Per entrare in città, si doveva seguire il sole. Molto probabilmente, le persone che vivevano nell’anello interno, possedevano qualcosa che non doveva essere visto nemmeno da coloro che vivevano nell’anello esterno, per non parlare degli osservatori esterni.
Gli abitanti di Arkaim
Sebbene non sia noto chi abbia costruito Arkaim, le prove archeologiche trovate sul sito suggeriscono che fosse abitato da una razza particolarmente legata ai cavalli. Sono state trovate ad Arkaim molte sepolture di cavalli secondo lo stile indo-europeo. Essendo nomadi, molti popoli indoeuropei avevano una forte connessione con i loro cavalli e non è sorprendente per loro pensare che la profonda connessione sarebbe continuata nell’aldilà. Prove di sacrifici rituali di cavalli sono state rinvenute nella valle dell’Arkaim.
Un grande incendio
La proto-città Arkaim cessò di esistere dall’oggi al domani. Fu lasciata da tutti gli abitanti e, probabilmente, incendiata da loro stessi.
Il fuoco che ha eliminato la storia “vivente” di Arkaim è tra gli enigmi più intriganti di questa antica struttura.
La singolarità del fuoco di Arkaim è che, apparentemente, non era inaspettato per gli abitanti, ed è del tutto possibile che gli abitanti lo abbiano appiccato da soli. Solo questo potrebbe spiegare il fatto che nelle antiche ceneri non ci sono oggetti domestici intatti, solo frammenti e schegge e non c’è alcun resto umano.
Lasciarono l’insediamento tutti vivi e portarono via tutto ciò che era prezioso. Perché?
Sintashta, un altro centro fortificato metallurgico e industriale
Sintashta è un sito archeologico dell’età del bronzo situato nell’Oblast’ di Čeljabinsk in Russia. Il sito è un insediamento fortificato analogo a quello di Arkaim datato al 2800-1600 a.C..
L’insediamento e le necropoli circostanti furono scavati da vari archeologi tra il 1972 e il 1987. Ma solo dopo il 1992 il sito cominciò a svelare tutta la sua importanza storica.
La Città
Sintashta era una città circolare fortificata di 140 m di diametro, circondata da un muro di terra rinforzata con torri di legno.
Fuori dal muro c’era un fossato a forma di V profondo come le spalle di un uomo.
L’insediamento è formato da case rettangolari disposte in un circolo, in questo caso un po’ più piccolo, 140 metri di diametro, ed era presumibilmente anch’esso circondato da mura in legno con torri e portoni.
La città originale probabilmente conteneva cinquanta o sessanta abitazioni. Dentro ognuna sono stati ritrovati resti di attività metallurgica: scorie, forni, focolari e rame, al punto che ci si chiede se ci troviamo davvero davanti ad abitazioni o a botteghe di fabbri.
Lavorazione del metallo
A Sintashta non ci sono grandi case o strutture di stoccaggio negli insediamenti. I segni della specializzazione artigianale, un segnale di gerarchia sociale, sono deboli in tutti i mestieri tranne la metallurgia, ogni famiglia in ogni insediamento sembra aver lavorato il metallo.
Questo avveniva su scala industriale: tutti gli edifici scavati nei siti di Sintashta e Arkaim contenevano i resti di fucine, forni fusori e scorie. Buona parte di questo metallo era destinato probabilmente all’esportazione.
Il commercio di metallo collegò per la prima volta la regione della steppa alle antiche civiltà del Vicino Oriente: gli imperi e le città-stato di Iran e Mesopotamia rappresentavano un mercato quasi senza fondo per i metalli. Queste rotte commerciali in seguito divennero il veicolo tramite il quale cavalli e carri entrarono nel Vicino Oriente dalla steppa.
Nella necropoli reperti spettacolari
Attorno all’insediamento di Sintashta sono state scoperte cinque necropoli, la più estesa delle quali contava quaranta sepolture, che includevano cavalli interi, fino a otto in una singola sepoltura, con armatura per le guance a forma di disco, carri con ruote a raggi, asce e pugnali di rame e bronzo, punte di bronzo, teste di mazza di pietra levigata o bronzo, molti vasi di ceramica e alcuni piccoli ornamenti d’argento e d’oro. Ciò che contenevano queste tombe, insomma, non erano i classici gioielli ma una grande quantità di armi, veicoli e soprattutto una grande quantità di cavalli sacrificati insieme al padrone defunto.
Le analisi eseguite con il radiocarbonio sui carri li hanno datati come i più antichi mai scoperti (si pensa infatti che l’origine del carro da guerra trainato da cavalli sia avvenuta all’interno di questa cultura).
Le date del radiocarbonio, sia per i cimiteri che per l’insediamento a Sintashta, risultano diverse, si va dal 2800 al 2700 a.C. (4200 + 100 a.C.) per il legno dalla tomba 11, a circa 1800–1600 a.C. (3340 + 60 a.C.) per legno dalla tomba 5. Probabilmente ci furono vari strati.
I dettagli dei sacrifici funebri a Sintashta hanno mostrato sorprendenti parallelismi con i rituali funebri sacrificali del Rig Veda.
Per comprendere le origini della cultura di Sintashta/ Arkaim i ricercatori ipotizzano che si debba iniziare a volgere lo sguardo molto a ovest. In quella che era stata la regione di Tripolye tra i fiumi Dniester e Dnieper tra il 2800 e il 2600 a.C. quando si produsse una complessa scacchiera di culture regionali che coprivano le dolci colline e le valli della foresta-steppa.
E a noi il pensiero corre alle tesi di Felici Vinci, ai popoli del nord che discesero, come fecero secoli dopo i Vichinghi, dai fiumi Dniepr, Dvina e Volga che scorre proprio parallelo agli Urali per sfociare nel Mar Caspio, ai tanti miti nordici sulle fucine finlandesi, sui fabbri che si riferiscono ai metalli come ai fratelli del fuoco o del sole. Esistono riferimenti ai metalli, al ferro, anche in Lettonia e in antichi miti scandinavi.
Persino gli antichi Greci pensavano che il Sole potesse essere di ferro incandescente. Il filosofo Anassagora sosteneva nel V secolo a.C che il dio sole Helios fosse in realtà un pezzo di ferro incandescente incredibilmente grande.
Insomma il Sole è in effetti ricollegabile alle operazioni metallurgiche: il fabbro nel suo crogiolo produce una colata di metallo incandescente, una sorta di “piccolo Sole”, forse proprio dalla casta dei fabbri ebbe origine il culto del Sole così caro alle popolazioni che vivevano all’interno del Circolo Polare artico, ma da qui si apre tutta un’altra storia che merita ulteriori approfondimenti!
Fonti:
https://en.wikipedia.org/wiki/Sintashta_culture
https://erenow.net/ancient/the-horse-the-wheel-and-language/15.php
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