Ciò che nei miti si presenta inverosimile, è proprio quello che ci apre la via alla verità. Infatti, quanto più paradossale e straordinario è l’enigma, tanto più pare ammonirci a non affidarci alla nuda parola, ma di affaticarci intorno alla verità riposta.
Flavio Claudio Giuliano
Il mito era ed è ancora oggi la lingua universale per eccellenza, una specie di “capsula del tempo”.
È vero ciò che narra Platone nei dialoghi Timeo e Crizia ?
Sappiamo che Platone quando descrive con dovizia di particolari l’isola, è portatore di una voce che viene da più lontano, infatti, cita come “fonte primaria” Solone (638-558 a.C) e il suo colloquio con i sacerdoti del Tempio di Sais in Egitto. Inoltre ci dà una data ben precisa, riferendosi ad una guerra avvenuta 9.000 anni prima di Solone, tra la città di Atene e la civiltà dell’isola di Atlantide che minacciava l’Europa e l’Asia.
Ma è straordinario prendere atto, dalla lettura dei testi induisti più antichi che esistono, di inaspettati parallelismi che confermano i racconti di Platone: un’isola sede di un potente impero dislocato nell’Atlantico e affondata a seguito di un terribile cataclisma, cioè lo stesso mito di Atlantide, qui chiamata Atala.
Atlantide platonica e Atala Indiana
I più antichi testi indiani narrano di alcune isole in parte sommerse chiamandole Atala, Shveta-Dvipa “la Terra Pura, o Saka-Dvipa “Isola Bianca”. Questo territorio era collocato nell’oceano “esterno” che circondava il mondo antico, ovvero in quello che oggi noi chiamiamo Oceano Atlantico e i greci vero mare.
Tra le fonti più esaustive che narrano di questa terra troviamo il Vishnu Purana (libro II Cap. I) in cui viene detto chiaramente che Atala, l’isola Bianca, era abitata da una popolazione di carnagione chiara come i raggi della Luna (Santi Parva Sezione CCCXXXVII), distrutta da un cataclisma causato dal collasso della Montagna Sacra, il monte Meru. Tale evento provocò anche la caduta del cielo che portò questa terra paradisiaca a sprofondare nell’oceano.
Atala indiana, una vera e propria isola come Atlantide
Anche nel Mahabharata troviamo numerose sloka relative ad Atala, descritta come un’isola “circondata su tutti i lati dal mare”, di grande proporzione e splendore, dislocata a Nord dell’Oceano Atlantico (Santi Parva Sezione CCCXXXVII), la cui capitale, Tripura, governava su numerose altre città, alcune delle quali avrebbero scelto, secondo i miti, di dichiarare guerra ad altre nazioni.
Gli studiosi Sergey Teleguin e Arysio Nunes dos Santos, studiando il Mahabharata, giunsero ad identificare la città di Tripura, menzionata come capitale di questa isola, con la capitale di Atlantide.
Tripura, letteralmente “le tre città”, costruita dal grande architetto Asura, Mayasura, sarebbe stata distrutta e fatta sprofondare in mare dal dio Tripurantaka, un aspetto di Shiva, in quanto i suoi abitanti sarebbero diventati avidi e impuri al cospetto delle divinità.
Interessante poi constatare che entrambe le capitali, sia quella descritta da Platone che nei testi indù, erano di forma circolare. Infatti se analizziamo il Surya Siddhanta, un trattato indiano di astronomia (messo in forma scritta nel III secolo a.C), viene menzionata un’isola “dwipa”, chiamata “Jambu Dwipa”, circondata da anelli concentrici alternati da terra ed acqua, esattamente come la città di Platone.
Un’altra interessante coincidenza tra i testi Platonici e i testi indiani, è che sia Poseidone che il suo omologo indù Varuna erano dèi delle acque.
Nei Purana, Atala può essere trovata anche come Saka Dwipa, che secondo il Dizionario Sanscrito, significa “isola della gente della pelle chiara”. Nel testo Bhavishya Purana (del IV secolo a.C) si racconta come Samba avesse costruito un tempio dedicato a Surya, il Sole e avesse successivamente compiuto un viaggio a Saka Dwipa, localizzato “al di là dell’acqua salata”. Scopo di Samba era trovare i Magas, ovvero i maghi considerati adoratori del Sole. Samba viene guidato nel suo viaggio dallo stesso Surya che li conduce, seguendo il Sole e cavalcando il dio Geruda e giungendo infine tra i Maga.
Il Santi Parva descrive Atala come una terra abitata da uomini che non necessitavano di dormire o di mangiare, questo riferimento ci riporta alla mente quanto descritto dallo storico greco Erodoto (450 a.C) sulla tribù degli Atlantidi, una etnia che “non dormiva e non mangiava esseri viventi” (Historia, Libro IV), richiamando sicuramente una alimentazione probabilmente di tipo vegetariano, ma soprattutto perché Erodoto li definisce coloro “che non dormivano”? Una risposta potrebbe venire dall’interessante teoria proposta da Marco Goti che abbiamo illustrato in questo articolo.
Fonte:
Enrico Baccarini – India la civiltà perduta, Uno editori