Nuraghi, Dun, Broch, Tupa sono possenti costruzioni in pietra a secco che si sviluppano verticalmente, di forma tronco-conica, con un muro circolare che racchiude uno spazio interno e una scala interna elicoidale infra-muraria.
Sardegna
L’edificio caratteristico della Sardegna è chiamato nuraghe. Sono state fatte molte ipotesi sull’etimologia di questo nome, non ultima che possa derivare dai termini gerogligici Nu (o Nut), Ra e Geb, divinità egizie connesse rispettivamente all’acqua (o al cielo), al sole e alla terra.
Il nuraghe, tramite i suoi muri di peso colossale, si appoggia al terreno, mentre lo sviluppo verso l’alto tende a liberarlo, quasi un punto d’incontro tra terra e cielo, dove la terra è la portatrice di vita, il fondamento dell’esistenza, il cielo invece visto come un’entità inaccessibile e funge da protettore, insomma il nuraghe potrebbe essere visto come il simbolo del matrimonio tra cielo e terra, come l’albero che sorge dalla terra e si staglia verso il cielo. Altro simbolo importante delle cosmogonie arcaiche, sempre presente sotto o vicino ad un nuraghe è l’acqua.
La sua forma è tipicamente di torre troncoconica, ottenuta posando grosse pietre squadrate in aggetto. I giri di pietra sono sovrapposti senza cemento e si restringono via via dal basso verso la sommità, mentre diminuiscono parallelamente anche le proporzioni dei blocchi di pietra. La porta d’ingresso è rivolta quasi sempre tra est e ovest per ricevere luce e sole e stare al riparo dal maestrale, il forte vento freddo tanto frequente nell’isola.
È sicuramente importante fare almeno una distinzione principale tra due differenti tipi di nuraghe, probabilmente i primi più arcaici, i successivi una evoluzione dei primi con una funzione probabilmente differente, (usiamo i nomi con cui generalmente vengono catalogati, anche se non ci piace tanto):
- i protonuraghi, o meglio i più arcaici
- e i nuraghi a tholos semplici e complessi
I protonuraghi o nuraghi a corridoio
Il protonuraghe è una costruzione in pietra che precede in Sardegna il nuraghe classico. Dei circa 7.000 nuraghi censiti solo 300 circa appartengono a questa tipologia.
Differiscono in maniera significativa dai nuraghi classici per l’aspetto più tozzo, per la planimetria generalmente irregolare e perché al loro interno non ospitano la grande camera circolare tipica del nuraghe, ma uno o più corridoi, o comunque ambienti minori, per questo motivo vengono anche definiti nuraghi a corridoio poiché al loro interno troviamo dei corridoi coperti in genere da grossi filari di pietre che, nella maggior parte dei casi, finiscono in maniera cieca, oppure su un altro lato della costruzione, chiamati perciò a corridoio passante. Talvolta i corridoi presentano anche cellette o nicchie lungo il percorso.
L’altezza di norma non superava i 10 metri benché la superficie occupata da queste costruzioni era in media notevolmente maggiore rispetto a quelli a torre.
Una evoluzione di questi ultimi protonuraghi, è costituita da un tipo di edificio in cui il corridoio, dopo un tratto iniziale stretto e basso coperto a piattabanda, si amplia in larghezza e in altezza, presentando una copertura ad aggetto a forma di chiglia rovesciata (protonuraghe a camera naviforme). È questo il preludio della realizzazione della camera coperta a tholos (o falsa-cupola), che caratterizzerà il nuraghe vero e proprio. I protonuraghi, probabilmente, continuarono ad essere utilizzati anche quando si era già diffusa l’architettura più evoluta dei nuraghi a tholos, assolvendo forse a compiti di tipo particolare.
Poco conosciuti fino a qualche decennio fa, i protonuraghe sono al centro di studi e dispute fra gli studiosi che hanno iniziato a considerarli fondamentali per la comprensione della nascita del fenomeno nuragico.
Classici esempi di protonuraghe li troviamo in quello di Sa Korona di Villagreca (CA), nel Brunku Madugui di Gesturi (Medio-Campidano).
Nuraghe a Tholos monotorre
È il nuraghe per antonomasia e rappresenta la quasi totalità dei nuraghi della Sardegna.
La torre, di forma tronco-conica, ospita al proprio interno una o più camere sovrapposte, coperte appunto da una falsa volta, o più spesso con la tecnica ad aggetto del thòlos, cioè sovrapponendo giri di pietre via via più stretti fino a chiudere la volta. In genere venivano innalzati due circoli murari concentrici, e l’interstizio che ne risultava veniva riempito di pietrame.
L’accesso architravato è generalmente sullo stesso piano di calpestio del suolo e immette in un andito che immette frontalmente nella camera centrale e lateralmente (generalmente a sinistra) nella scala elicoidale ricavata all’interno della massa muraria che conduce al terrazzo o alla camera superiore.
Oltre all’andito, alla camera centrale e a quelle superiori sono spesso presenti altri ambienti minori come nicchie e cellette ricavate nello spessore murario ma anche pozzi o silos scavati nel pavimento.
La torre al suo interno può avere una o più camere coperte a tholos, o falsa cupola appunto, perché dal suo interno la tholos ricorda una volta, ma che invece al suo esterno non ha la cupola in quanto la costruzione è parte integrante del nuraghe a cono tronco.
Nelle torri più alte possiamo trovare fino a tre camere voltate a tholos più il terrazzo al piano più alto. Spesso le tholos hanno all’interno delle nicchie di forma generalmente ogivale, dove all’interno può stare una persona in posizione eretta. In molti nuraghi queste nicchie vengono illuminate dalla luce solare che filtra o dalla cupola o da aperture poste frontalmente durante il solstizio estivo o invernale(vedi articolo https://www.larazzodeltempo.it/2019/luce-toro/).
Mura ciclopiche del nuraghe di Losa. A fianco foto tratta dal libro “Le torri del cielo” di Danilo Scintu che mette maggiormente in evidenza le proporzioni dei massi.
Funzione dei nuraghi
Dopo questa brevissima analisi, che dire della loro funzione? La questione relativa alla funzione originaria dei nuraghi, dura da secoli e secoli, e non se ne viene a capo. Fiumi di inchiostro, mari di opinioni, oceani di pareri “scientifici”, ma prove e riscontri scritti neppure mezzo.
Un mistero, ma tante le ipotesi. Sono tanti e sparsi su tutta l’isola, quasi a formare una rete continua, il loro orientamento e posizionamento reciproco sul territorio consentono d’immaginare interessanti riferimenti astrali, il che lascia intuire un concetto di pianificazione territoriale.
Il mistero s’infittisce ulteriormente quando si scopre che queste strane costruzioni non sono una caratteristica esclusiva della Sardegna.
Un giro veloce per il mondo
Isola di Pasqua – Le Tupa
L’Isola di Pasqua, per i nativi Rapa Nui o Grande Luce, è un isolotto aspro e impervio, con approdi difficili, circondato per lo più da scogliere e dirupi rocciosi, privo di vegetazione e circondato da circa 4.000 km di mare in ogni direzione. Rapa Nui ha delle caratteristiche straordinarie, è un ritaglio preciso di un antico e sacro passato dell’intera umanità.
I Moai, gli enormi guardiani di pietra dallo sguardo intenso e perennemente rivolto in avanti, sono certo la cosa più stupefacente, ma l’isola non è solo questo, le architetture che costellano l’isola sono le stesse che troviamo nei siti megalitici sparsi per il mondo.
Rapa Nui è ricca di tumuli, cerchi di pietre, strutture a torretta dette tupa, simili ai nuraghi sardi o ai kiva dei Nativi d’America, basamenti megalitici per costruzioni ancora inspiegate, addirittura moli e monumentali attracchi in pietra. È stato rinvenuto anche un menhir intagliato allo stesso modo di un omologo dell’antichissima città di Tiahuanaco in Bolivia, delle vasche in pietra che ricordano la tradizione delle pietre forate presenti nelle antiche civiltà native di tutto il pianeta.
Inoltre, la tecnica costruttiva degli ahu, gli altari su cui sono poggiati i moai, è identica a quella degli edifici megalitici diffusi su tutto il pianeta, con gli stessi perfetti incastri di pietre enormi tagliate e posizionate con assoluta precisione.
Anche i giganteschi pukao, copricapi in pietra che venivano costruiti separatamente e poi issati sulle teste dei moai con misteriosa sapienza ingegneristica, sono un vero enigma.
Tupa a Rapa Nui e Nuraghe di Borore in Sardegna
Nord della Scozia e isole Orcadi
Indubbiamente il metodo “comparativo” rappresenta un capitolo importante nell’ambito della ricerca Storico-Archeologica. E penso che fin qui si sia tutti d’accordo. Del pari penso si possa convenire anche sul fatto che le similitudini tra due oggetti o manufatti, o meglio, il riscontrare similitudini in tal senso, sottenda già e comunque un procedimento di tipo Logico, mancando praticamente sempre un qualsivoglia marchio di fabbrica che ne identifichi con precisione assoluta origini e composizione, nonché datazione. L’utilizzo della logica è, quindi, giocoforza necessario, e francamente non si capisce il motivo per cui taluna ufficialità rifiuti qualsiasi riferimento in tal senso anche per altre questioni.
Senza annoverare le tantissime altre comparazioni possibili, mostriamo alcune immagini relative a struttura esterna, dimensioni, utilizzo di pietra a secco, doppio guscio murario, scala interna elicoidale infra-muraria, nicchia d’andito, mancanza di finestre, uso ed utilizzo originari ancora non spiegato (ma la funzione votiva è la più percorribile, in entrambi i Territori ovviamente).
Nelle immagini non specifichiamo l’appartenenza all’uno od all’altro Territorio, giusto per consentire a chi osservi di poterlo fare senza una idea od una didascalia già classificanti.
Fabio Garuti – Sardegna, pagine di Archeologia negata: una grande Civiltà Mediterranea migliaia di anni prima di Roma, Anguana Edizioni
Isole Baleari
Nelle Baleari le torri possono suddividersi in diverse categorie, non troviamo veri e propri nuraghi polilobati ma turrite e forme tumulari a gradoni in materiale ciclopico. Sono stati censiti dall’architetto Danilo Scintu circa 500 Talaiot tra Minorca e Maiorca. Come in Sardegna, le torri e le piattaforme hanno in genere l’ingresso orientato verso l’alba del solstizio d’inverno, posizionate all’interno di villaggi e racchiusi da muraglie ciclopiche.
Sudan
Ebbene si, sono stati fotografati anche qui!
Fonti: