Nel numero 5 della rivista ArcheoMisteri del Febbraio 2020, è comparso un articolo dal titolo “Ancora su Dendera” (pag. 23-28), che avanza delle critiche e si pone degli interrogativi su quanto avevo scritto in un mio precedente articolo, comparso sul numero 2 della rivista ArcheoMisteri del Novembre 2019, dal titolo Gli enigmi delle “Lampade” di Denderah; una chiave astronomica (pag. 8-23).
Nell’ambito del rispetto di una sempre auspicabile pluralità di opinioni, specie se questa viene espressa con garbo, moderazione e discrezione, che sempre si addice a ricercatori od autori, cerco di giustificare le mie scelte, se queste non sono state comprese ed, ove è il caso, di fare ammenda di quanto da me scritto, se errato od impreciso.
L’articolo afferma: <<Innanzitutto sono rimasto stupito della scelta, da parte sua (si sta parlando di me. N. d. A.), dei disegni di Auguste Mariette, perché quei disegni, oltre ad essere vecchi di 150 anni (nel frattempo ne sono usciti di migliori) oltre ad innumerevoli foto che di norma, sono più precise, sono anche piene di errori, alcuni dei quali abbastanza gravi…Ora, poiché tutti gli egittologi sanno che Mariette è inaffidabile, non si capisce perché mai un autore serio e coscienzioso come Barbetta abbia potuto non solo introdurlo nel suo lavoro, ma anche omettere ogni doveroso controllo, come vuole la prassi quando si entra in possesso di qualsiasi documento…>>
Effettivamente i disegni di Mariette sono datati, ma, come si evince da quelli che sono stati da me mostrati, essi hanno una discretamente buona, anche se non impeccabile, qualità di ricopiatura dei geroglifici, ed hanno il vantaggio di essere ben contrastati dal punta di vista grafico e cromatico, che si rivela essere ottima qualità, tenendo conto della tipologia di scrittura dei caratteri geroglifici di epoca tolemaica. Tale contrasto cromatico e luminoso non è sempre all’altezza grafica di molte fotografie delle cripte che abbiamo a disposizione, specie di epoca non recentissima, che non fanno capire con chiarezza la tipologia dei caratteri geroglifici presenti. Solo in alcune di esse, in alta definizione, si percepisce una netta superiorità rispetto alla riproduzione grafica di Mariette.
Il mio utilizzo metodologico del lavoro di Mariette ha esaminato, da un punto di vista divulgativo iconografico, la struttura dei molti disegni che comprendono sia le Lampade, sia le raffigurazioni di Harsomtus, l’Hor Sema Ta-wy (Horus Unificatore delle due Terre) degli egizi, affrontando una collazione fra i disegni di oggetti presenti nelle cripte, interfacciati con i singoli geroglifici che li citano, con funzione didascalica, presenti nelle colonne che sovrastano le immagini. Come vedremo, l’autore dell’articolo utilizza per la sua interpretazione delle Lampade di Denderah, soltanto i disegni ed alcuni dei geroglifici presenti nella Parete Nord della Cripta n. 4 (secondo la classificazione di Mariette), o Cripta Sud Camera C, omettendo di considerare tutti i geroglifici presenti che sovrastano le Lampade e le altre raffigurazioni (immagini + geroglifici relativi) presenti in altri punti delle cripte. Evidentemente, venivano da lui giudicate poco funzionali alla creazione di una teoria omogenea.
Prosegue l’articolo: <<Se prendiamo, ad esempio, il disegno della parete Nord della Camera C nella cripta Sud, che Barbetta indica in didascalia come “Cripta n. 4”, e lo mettiamo a confronto con una foto che ritrae lo stesso particolare, risultano subito alcune gravi, diciamo così differenze….Mentre nel disegno di Mariette appare un uomo, nella foto appaiono i tratti inconfondibili di una donna!>>
Il fatto che <<Barbetta indica in didascalia come “Cripta n. 4”>> non è dovuto ad un mia trovata estemporanea, ma è relativa al fatto che questa è la classificazione usata da Mariette nel suo lavoro su Denderah. Le tre anomalie, a cui l’autore fa riferimento, presenti in fotografia ed assenti nella riproduzione di Mariette, vengono indicate, nella Figura 1, dai due riquadri rossi e dalla freccia rossa. La figura inginocchiata e quella accovacciata sono effettivamente prive di una sorta di supporto che connette le loro teste all’involucro con il serpente al suo interno, presente nella fotografia. Inoltre la figura accovacciata, alla loro destra, risulta priva del seno muliebre nella riproduzione di Mariette, rispetto alla realtà fotografica. In realtà, del tutto personalmente, ritengo queste tre sviste, operate da Mariette, due imprecisioni, più che due errori, certamente da stigmatizzare, ma non da drammatizzare.
A questo punto continua sillogisticamente l’articolo: <<…è del tutto evidente che, ‘sic stantibus rebus’, risulta impossibile attribuire a quelle figure il ruolo di “Iqetiw”, cioè di marinai, perché non ci sono notizie, e tanto meno documenti, che attestino l’esistenza di donne-marinaio nell’antico Egitto!…Entrando nel merito del testo geroglifico inciso al rigo 30 della parete Nord, camera C, cripta Sud bisogna dire la verità, vale a dire che in quel rigo non c’è scritto “Iqetiw”, “marinai”, ma la parola “Itq”, che non esiste in nessun vocabolario. Certo, possiamo inferire che lo scriba ha sbagliato e ha scritto la “t” prima della “q”, ma la parola che precede, “Luogo delle bellezze”, ha il suo segno di plurale dopo “Itq”! Dunque “Itq” è stata inserita nel corpo di un’altra parola.>>
Osserviamo la parola in questione, che è “Iqedti-u”, talora pronunciata anche “Akedti-u”, corrispondente a “Marinai, equipaggio” ed, infatti, è con quest’accezione che, usualmente, traducono gli egittologi tale termine nel testo di Denderah. Essa compare in questa forma lessicale corretta nella parete Sud della camera C della Cripta Sud, ed è a questa forma che io mi riferisco. (Figura 2 a sinistra ed al centro)
Il Budge, peraltro, oltre a confermare che “Iqedti-u” significa “Marinai, equipaggio, barcaioli”, ci informa che esiste una variante lessicale del termine che mostra la presenza del determinativo di “Uovo”, correlato all’idea di fertilità femminile, e di “Donna”, oltre a quella di divinità maschile, utilizzata nel contesto dei “Divini marinai presenti nella barca di Ra”. Guarda caso, nel testo delle cripte è presente proprio la barca di Ra della sera, la “Sektet”, posta a breve distanza dai “Iqedti-u”. (Figura 2 a destra)
Noi sappiamo, peraltro, che nel “Libro dell’Amduat” e nel “Libro delle 12 ore del “Duat”, sono presenti diverse divinità femminili, quali Iside ed Hathor, a cui è dedicato lo stesso Tempio di Denderah, oltre ad essere la madre di Horus Sema Ta-wy, il soggetto stesso delle iscrizioni delle cripte delle Lampade. Tali dee sono molto spesso presenti sulla barca del dio Ra. Tuttavia, vi sono descritti spesso, in questi testi, anche drappelli di dee che si occupano personalmente del traino della Barca di Ra, all’interno delle ore del “Duat”.
Affermare, quindi, che <<non si sono notizie, e tanto meno documenti che attestino la presenza di donne-marinaio nell’Antico Egitto!>> è contraddetto dagli stessi egittologi e dai testi dell’”Amduat”. (Figura 2 a destra)
L’autore dell’articolo afferma che il simbolo geroglifico del “Pialletto”, determinativo del verbo “Costruire”, si legga “q”, ma, in realtà, come confermano sia il Gardiner che la Betrò, esso si pronuncia “Qd” (“Kd”), per cui il termine che viene letto come “Itq”, sarebbe da leggersi, in realtà, come “Itqed”.
Nella parete Nord della Cripta Sud, camera C, troviamo, effettivamente, il termine “Itqed-u”, che è vero che è differente da “Iqedti-u”, presente nella parte Sud, ma lo spostamento dei singoli geroglifici che costituiscono una parola per esigenze grafiche od armoniche, è tipico della lingua geroglifica e risulta estremamente frequente nei testi e nelle iscrizioni egizi, costituendo una sorta di condivisa licenza lessicale. (Figura 3)
Davvero strana, peraltro, è l’affermazione dell’autore dell’articolo: <<La parola che precede, “Luogo delle bellezze”, ha il suo segno di plurale dopo “Itq”! Dunque “Itq” è stata inserita nel corpo di un’altra parola.>>
Come vediamo nella Figura 4, il termine “Itqed”, qui letto da sinistra verso destra, è accompagnato dal determinativo di uomo accovacciato e dal simbolo del plurale, ma mostra qui l’inversione grafica tra il 2° ed il 3° geroglifico, rispetto a “Itqedti-u”. Tuttavia, come vediamo nella figura di destra, il “Luogo delle bellezze” ha il suo determinativo, (freccia rossa a destra in alto), seguito dalla “f” del possessivo (freccia rossa a sinistra). Più in basso, infine, abbiamo il determinativo del plurale di “Itqed” (freccia rossa a destra in basso). La frase risultante, perciò, è: “Luogo delle sue bellezze, marinai…”. Per questo motivo la parola “Itqed” (variante grafica di “Iqedti-u”) è del tutto autonoma rispetto a “Luogo delle bellezze”, entrambe fornite, in ogni caso, di un determinativo di numero.
Continua poi l’articolo: <<Barbetta afferma che “compaiono riferimenti espliciti alla Barca del Mattino “Madet”, alla Barca della Sera “Sektet” entrambe usate dal dio Ra per navigare negli spazi celesti del “Duat” o nell’abisso celeste del “Nu””. Ora qui ci sono diverse cose non conformi ad una corretta narrazione dei fatti. La barca della notte di Ra non naviga negli spazi celesti del “Duat” e neanche dell’abisso celeste del “Nu”….Secondo Maria Carmela Betrò: “il dio solare…non lasciava mai le sue barche: di giorno veleggiava sulla “M’ndt”, la barca diurna, di notte era trainato dai suoi sciacalli sulle sabbie del mondo sotterraneo nella “Msktt”, la barca della notte”.>>
È innegabile che compaiono, nel testo delle cripte di Denderah, molteplici riferimenti alle barche “Madet” e “Sektet”, talora appellata anche come “Sekt”, sia abbinate alle Lampade, che presenti in pareti adiacenti ad esse, sempre accostate al dio Harsomtus. Ora, se noi guardiamo come gli egittologi, ad esempio il Budge, il Gardiner ed il Faulkner si riferiscano a queste barche, vediamo che esse vengono descritte, rispettivamente come “Barca del sole del Mattino o del sole nascente” e “Barca della Sera o del sole calante”. (Figura 5)
Gli stessi egittologi conoscono, infatti, la barca “Sekt”, che presenta graficamente una sorta di incastellatura al centro dello scafo, che essi considerano giustamente “un nome dato a diverse barche sacre a Denderah”, visto la frequenza con cui essa compare nel tempio di Hathor. Essi affermano, inoltre, come possiamo vedere a proposito della Barca “Sektet”, che questa era la “Barca della Notte” o “del sole calante”, “che trasportò Ufu-Ra attraverso il “Duat”. (Figura 6)
Evidentemente era opinione comune e coindivisa dagli egittologi che le Barche solari trasportassero il dio Ra attraverso il “Duat”, visto la grande quantità di circostanze in cui essa compare nel “Libro dell’”Amduat” o nel “Libro delle 12 ore del “Duat”.
L’affermazione dell’articolo: <<La barca di Ra non naviga negli spazi celesti del “Duat” e neanche nell’Abisso del “Nu” >> è contraddetta dalla stanza del sarcofago della tomba di Ramses VI°, dove, nella volta della camera, nel cosiddetto “Libro della Notte”, a stretto ridosso della vulva di una delle due dee “Nut” presenti, leggiamo una colonna di geroglifici, (che io ho diviso in due parti per apprezzarla meglio) che riporta: “Esce dal “Duat”, sta fermo nella “Madet” (Barca del Mattino), naviga (nel) Nu”.” Per uscire dal “Duat” bisognava, logicamente, esserci dentro, mentre la Barca “Madet”, dopo essere stata ferma, naviga (con il determinativo di “Barca”) nell’Abisso del “Nu”. (Figura 7)
D’altro canto, è opinione comune, presso che gli egittologi, che il “Duat”, per larga parte della storia egizia, fosse stato un luogo solido, delimitato da pareti o da sabbia, ma strettamente correlato al cielo, o meglio, alla parte del cielo posta sotto l’orizzonte visibile dell’osservatore, quindi da intendersi solo virtualmente collocata sotto terra. Con l’avvento del culto di Osiride, eroe ctonio e terrestre, il “Duat” venne collocato sotto terra, dove lo troviamo poi, per secoli, nella tradizione greca e latina, e da queste, anche in periodo medievale. Questo è simile a quanto avvenne per la dea “Maat”, dea anticamente connessa strettamente all’Armonia del Cosmo e dell’Universo e, solo tardivamente, collegata alla Giustizia divina ed umana.
Prosegue poi così l’articolo: <<Ora è del tutto evidente, immagino per chiunque, che “Mesktet” e “Mandet” in questo caso non sono, né potrebbero essere, le barche solari di Ra, ma indicano un generico e, per taluni aspetti, anche misterioso, mezzo di trasporto.>>
Vengono citati, nell’articolo, delle correlazioni con il dizionario del Faulkner, che, peraltro, solamente come seconda scelta lessicale, e solo per il termine “Sektet”, adotta la dizione generica: “Tipo di Barca”.
Peccato, però che lo stesso autore dell’articolo, a pagina 32 del suo articolo “Dendera: eccezione o regola” (“ArcheoMisteri” nr, 1, Ottobre 2019, pag. 28-37), parlando di un’iscrizione presente nella parete Nord, Camera C, Cripta Sud di Denderah, affermi: <<(testo legato alla barca ed al loto) Barca del Sole del mattino, loto d’oro>>, smentendo, di fatto, se stesso.
Tale annotazione, peraltro, non compare soltanto nella parete Nord della Cripta Sud, camera C, che l’autore analizza nella sua interezza, ma anche nella parete Sud della Cripta Sud, camera C, che l’autore stesso, al contrario, sostanzialmente, ignora del tutto, nella sua pur ampia e dettagliata duplice trattazione del tema delle Lampade, dove è presente l’analoga dizione “Barca del Mattino (“Madet”) loto d’oro”. (Figura 8)
Molto interessante e promettente è l’affermazione dello stesso autore: <<…indicano un generico, e, per taluni aspetti misterioso, mezzo di trasporto>>, peccato, però, che non vi sia poi alcun accenno in tutta la trattazione del suo articolo, a questi misteriosi mezzi di trasporto, anzi, essi sembrano quasi citati in maniera estemporanea.
Continua poi l’articolo: <<Ha fatto molto bene Barbetta a presentare altre immagini in cui sono raffigurate le barche del dio Ra, nelle quali si possono vedere chiaramente, in ognuna di queste, la presenza di Ra e delle sue insegne. Ora, in quelle che lui suppone siano nientemeno che le barche solari raffigurate nel Tempio di Dendera, dov’è il dio Ra? Dove sono le sue insegne? Nel testo geroglifico si parla soltanto ed esclusivamente di Ihy-Harsomtaui. Dov’è dunque che si parla di Ra, ed a Dendera per giunta, con riferimento a quei bassorilievi?>>
L’accenno alla presenza del dio Ra da me fatta, e citata dall’autore dell’articolo, si riferisce soltanto ad una sola Figura (la nr. 10) su ben 20 che io ho proposto nel mio articolo, che NON hanno graficamente a che fare con la “Madet” e la “Sektet”. Esse non sono presenti a Denderah, ma vengono annoverate dagli stessi tre autori dei dizionari citati: Budge, Gardiner e Faulkner. Essi parlano, infatti, tutti di “Barche solari o del dio sole”, con indiretto riferimento a Ra, senza, tuttavia, mostrarne né la presenza, né le insegne.
Tuttavia, esistono nel Tempio di Denderah immagini che mostrano l’associazione fra la Barca “Madet” ed il dio Ra (Figura 9 a sinistra). Esse sono presenti nella parete Sud, Cripta Sud, camera C, di Denderah, dove troviamo di nuovo il dio Ra. (Figura 9 al centro ed a destra)
Infine, chiude l’articolo, con una certa ‘vis polemica’ che non era apparsa finora, evidenziando graficamente, nel testo, la sua affermazione: <<Barbetta nel suo lavoro non traduce tutto il testo, ma prende frasi o parole singole e le isola dal contesto in cui sono inserite. Questa è un’operazione così bizzarra che mi mancano parole per definirla.>>
In realtà il tipo di approccio metodologico che ho utilizzato prevede due modalità di raffigurazione. La prima correla singole parole del testo delle colonne geroglifiche con le sottostanti immagini di cui esse costituiscono la didascalia, secondo uno schema consolidato adottato dagli stessi egizi. La seconda, invece, analizza e traduce interi settori di testo, e non immagini singole.
Con l’intento di chiarire il messaggio delle cripte contenenti le cosiddette “Lampade” di Denderah vediamo come esse sono state tradotte dagli egittologi, anche se la traduzione, da essi fatta, appare, talvolta, un po’ complessa e non molto fluida. Cominciamo con le 11 colonne di geroglifici provenienti dal lato sinistro della parete Sud, Cripta Sud, camera C. (Figura 10)
Colonna 1: “Parole dette da Horus-Sema-Ta.wy, grande dio che sta a”
Colonna 2: “Denderah, di fronte alle braccia dei principi”
Colonna 3: “(che stanno) dentro la barca “Sektet”, il serpente femmina dei nobili”
Colonna 4: “dei “Heh”, forniscono la sua statua”
Colonna 5: “il suo equipaggio, dentro la ‘gloria’ fornisce bellezze”
Colonna 6: “il sorgere della dea (Hathor) nel cielo”
Colonna 7: “l’anima è adorata dagli adoratori che diventano,”
Colonna 8: “viene come unica, avviluppata dalla testa dei suoi serpenti”
Colonna 9: “con numerosi nomi al punto degli dei correlati ad Hathor”
Colonna 10: “la potente immagine di Ra dentro la Terra di Atum (Denderah)”
Colonna 11: “il padre degli dei che ha creato ogni cosa.”
Proseguiamo con le 6 colonne di geroglifici che ci giungono dal lato destro della parete Sud della Cripta Sud, camera C, più comprensibili, almeno nelle prime 4 colonne. (Figura 11)
Colonna 1: “Parole dette da Horus Sema Ta-wy, grande dio che sta a”
Colonna 2: “Denderah. L’anima vivente del serpente dentro il loto”
Colonna 3: “dentro la barca “Madet”, le due braccia dello “Djed”
Colonna 4: “sollevano le sue bellezze con l’immagine”
Colonna 5: “i Ka che sono sulle ginocchia”
Colonna 6: “si prostrano sulle spalle,”
Utili informazioni ci giungono, altresì, sempre dalle pareti Nord e Sud della Cripta Sud, camera C, ove vediamo la barca “Madet” che ha, al suo centro, un fiore di loto con un lungo gambo tenuto diritto, con le due braccia, da “Hor-Sema-Ta.wy”, in un caso o la semplice corolla, nell’altro. A pochi centimetri dal fiore di loto, ma da questi staccato, troviamo un serpente posto in verticale, ma senza involucro. (Figura 12)
Ogni singola figura presente in queste immagini ha una sua personale e precisa didascalia geroglifica, che andiamo ad analizzare.
L’immagine della parete Nord (Figura 12 a sinistra) mostra, in basso la barca “Madet”, con la poppa a sinistra, a forma di fiore di loto, e la prua a destra, con il gambo di un altro fiore di loto al centro (riquadro viola con la scritta “Barca “Madet” e loto”). Il gambo è tenuto con le 2 mani da una figura maschile, la cui didascalia soprastante recita (riquadro blu): “Parole dette da Hor Sema-ta.wy, grande dio che sta a Denderah”. A pochi centimetri dal fiore di loto, ma da esso distaccato, e senza alcun involucro, troviamo un serpente posto in verticale, la cui soprastante didascalia verticale recita (riquadro rosso) : “Parole dette da Hor-Sema-Ta.wy, grande dio che sta a Denderah, anima vivente dentro il loto della barca “Madet”.”
L’immagine della parete Sud della Cripta Sud, camera C (Figura 12 al centro) mostra un quadro analogo con, in basso, la barca “Madet”, con la prua a sinistra e la poppa a destra, a forma di fiore di loto, ed un fiore di loto al centro (riquadro blu con la scritta “Barca “Madet” e loto”). Dal fiore di loto, ma da questo separato, abbiamo un serpente, privo di qualsiasi involucro, collocato in verticale. In alto troviamo tre colonne di geroglifici dedicati. Nel riquadro rosso abbiamo: “Parole dette da Hor-Sema-Ta.wy, grande dio che sta a Denderah”, mentre, nel riquadro verde, leggiamo: “Parole dette da Hor-Sema.Ta.wy, grande dio che sta a Denderah, “Piuma variegata” (epiteto dell’Horus solare, secondo il Gardiner, simbolo F28) del cielo, “Trono” (altro appellativo di Horus, sempre secondo il Gardiner, simbolo O33)”.
Il fatto che vi sia il riferimento al “Cielo”, “Pet”, che, peraltro, avevamo già trovato nella colonna 6 della Figura 10, rimanda inevitabilmente allo zodiaco rettangolare del tempio di Hathor a Denderah, dove troviamo un barca, tanto per cambiare, con la poppa, a forma di fiore di loto, a destra e la prua a sinistra, con un fiore di loto al suo centro. (Figura 12 a destra)
Dal centro della corolla parte un serpente, posto anch’esso in verticale, ma privo di involucro. Osserviamo la didascalia in alto a destra, ad esso correlata, che recita: “Ra-Sema Ta.wy, che sta a Denderah”, evidenziando la presenza del dio Ra, nel trinomio ormai consolidato: Barca+Loto+Unificatore delle due Terre. Questa barca è collocata, nella fascia degli dei protettori dei singoli Decani, in vicinanza del Decano di Sirio e risulta adiacente al sole con raggi, appena uscito dalla vulva di una dea “Nut”, la dea del cielo che avvolge i Decani celesti di una metà del cielo.
Vediamo ora di analizzare l’ipotesi di chi ritiene che le “Lampade” di Denderah siano realmente tali. Secondo questi autori l’involucro, in cui vediamo il serpente all’interno, ha le funzioni del Tubo di Crooks. Le similitudini per la forma con questo apparato contemporaneo sono effettivamente molto evidenti, ma, ricordiamo che il Tubo di Crooks è fatto di vetro, con il vuoto al suo interno, e nelle “lampade” di Denderah, non solo non abbiamo la minima sicurezza che l’involucro sia fatto di vetro, ma, poiché, il requisito principale del vetro è la sua trasparenza, noi vediamo che la figura maschile posta in piedi, nei pressi del cosiddetto “Porta-lampada”, è completamente nascosta dal cosiddetto “Tubo di Crooks”, facendo pensare ad una struttura solida, forse metallica, ma non trasparente. Tali due requisiti sono del tutto incompatibili per il Tubo di Crooks. Anche il serpente che ha la coda che inizia nel “Porta-lampada”, esula dalla struttura reale ed originaria del Tubo di Crooks, facendo pensare, piuttosto, alla somiglianza con il filamento di tungsteno di una lampadina ad incandescenza, come, infatti, ha proposto qualche altro tecnico che ha commentato, in chiave elettrica, le “Lampade”. Ma una lampadina ad incandescenza, non è un Tubo di Crooks, a meno di non voler considerare il serpente fisico, presente all’interno dell’involucro, come un’allegoria potenziale di ipotetici elettroni. Il pilastro “Djed” a 4 livelli ha, per i teorici dell’ipotesi elettrica, la funzione di trasformatore per influenzare la tensione elettrica, da far pervenire all’interno del Tubo di Crooks. L’oggetto a parallelepipedo sopra cui troviamo una figura accovacciata, con le braccia alzate ed un disco solare sulla testa, ha funzione di Generatore di corrente, mentre il Cavo pone in comunicazione questi due apparati con il “Porta-lampada” e, conseguentemente, con il Tubo di Crooks. Infine, nell’immagine delle “Lampade”, osserviamo come, sopra il “Cavo”, vi sono, oltre al pilastro “Djed”-“Trasformatore”, ben 4 figure; un donna accovacciata, due figure maschili inginocchiate e la grande figura maschile poste all’estrema sinistra, tutti poggiati sopra il cavo stesso. (Figura 13)
Resta da capire perché in tutte le colonne dei geroglifici, corredati alle immagini che ritraggono queste Lampade si parli sempre e sistematicamente di Barche, la “Madet”, o Barca solare del mattino o la “Sektet” o Barca solare della sera. In molti casi, tuttavia, in iscrizioni e raffigurazioni quasi adiacenti a quelli delle “Lampade”, è cosi evidente, come dimostrato in precedenza, che si tratti di una barca solare (“Madet”) con il fiore di loto al centro e con un serpente, posto in verticale, ma SENZA l’involucro del Tubo di Crooks, che anche lo stesso autore dell’articolo ammette che si tratti di Barche solari.
Ma, in molti casi, senza Tubo di Crooks, fatto di vetro e con il vuoto all’interno, o senza la Lampadina a filamento di tungsteno all’interno del bulbo di vetro, sempre con il vuoto all’interno, decade completamente qualsiasi tipo di correlazione con “Lampade” di ogni genere.
Senza contare che il teorico “Cavo”, a meno di considerarlo dotato di una guaina esterna estremamente solida e proteggente, non può funzionare in maniera ottimale con ben 4 persone che vi sono poste sopra, di cui una, iconograficamente, molto grande e, perciò, pesante.
Certo è che se consideriamo le “Lampade” come barche, e siamo autorizzati a farlo dalle moltissime iscrizioni geroglifiche che ce lo certificano in tutte le cripte del tempio di Denderah, se solo le consideriamo armonicamente nella loro globalità, e senza limitarci a prendere soltanto in considerazione la parte Nord della Cripta Sud, camera C, molti filoni investigativi potrebbero trovare interessanti spunti di ricerca. (Figura 14)
Infine, mi sorge un personale quesito. La civiltà egizia nasce nel periodo pre-dinastico, che le fonti ufficiali collocano nel 3.500 circa a. C, anche se alcuni ritengono che essa possa essere anche di 1.000 anni più antico. Come mai, ci chiediamo, non vi è traccia alcuna di queste potenziali ed avanzate conoscenze elettriche nell’Antico Regno, nel Primo Periodo Intermedio, nel Medio Regno, nel Secondo Periodo Intermedio, nel Nuovo Regno e nel Tardo Regno, in pratica nella quasi totalità della storia egizia? La civiltà tolemaica vedeva nel mondo egizio di quegli anni, un ormai pallido ed evanescente ricordo di una fiorente e potente civiltà pluri-millenaria, che quasi non riusciva a padroneggiare nemmeno la gloriosa e meravigliosa lingua geroglifica, impiegata da millenni.
Questa epoca storica fu fortemente condizionata dal sincretismo fra una civiltà egizia ormai decadente e quella greca. Ma, fortuitamente, proprio in quell’epoca, il periodo tolemaico avrebbe scoperto, quasi inaspettatamente, e d’improvviso, di possedere una davvero incredibile, sofisticata e diversificata cultura elettro-tecnica.
Sembra davvero un po’ strano concettualmente, ma non si può mai dire, nella storia del progresso tecnologico, a volte, capita di vedere cose strane…..
TROVATE IL MIO STUDIO SULLE LAMPADE DI DENDERA ARTICOLO PUBBLICATO SULLA RIVISTA GLI ENIGMI DELLA STORIA su
https://immagineperduta.it/le-lampade-dendera/
Chissà se anche uno dei nomi dei sovrani etruschi, “mechl”, sia collegabile?
P. S. Complementi per tutti gli articoli!