Nel mezzo della baia di Guanabara, a Rio de Janeiro, in Brasile, c’è, a seconda della marea, una grande roccia sommersa ad un metro di prodondità, chiamata dai locali Xareu Rock, dal nome del pesce che si riunisce lì in alcune stagioni.
Sembra che alla fine degli anni ’70, i pescatori recuperassero spesso nella zona di Xareu Rock, intrappolati nelle loro reti, numerosi grandi vasi di ceramica. Per evitare di danneggiare le reti, si racconta, facevano a pezzi con i martelli i vasi che rimanevano incagliati.
Diversi anni dopo, nel 1976, un sub, che pescava intorno a Xareu Rock, trovò otto vasi simili, che recuperò e portò a casa sua. Conservò due reperti e ne vendette i restanti sei ai turisti, prima che la polizia brasiliana lo arrestasse per aver venduto illegalmente antichi manufatti. A quel tempo, i reperti furono analizzati dagli archeologi che li identificarono immediatamente come anfore romane, risalenti a prima della nascita di Cristo.
Qualche anno più tardi un altro operatore subacqueo di nome Jose Roberto Teixeira, durante la pesca di aragoste, si imbatté in quelli che sembravano pezzi rotti di materiale ceramico sparso su una vasta area della baia. La scoperta dei pezzi di ceramica lo spinse ad ampliare la sua ricerca, portando infine al ritrovamento di due anfore complete.
L’insolita scoperta attirò l’attenzione dell’autore, archeologo subacqueo e cacciatore di tesori Robert Marx che nel 1982 decise di provare a localizzare altri oggetti, con l’aiuto del Dr. Harold Edgerton del Massachusetts Institute of Technology.
Marx riuscì ad individuare un accumulo di 200 anfore nell’acqua torbida, dove erano state per migliaia di anni, alcune in superficie e altre sepolte in profondità, coperte di fango, cirripedi o addirittura incastonate nel corallo e alcune di esse completamente intatte anche dopo tanti secoli che giacciono lì sul fango del fondo.
Tuttavia, i subacquei si trovarono ad affrontare un problema di non semplice soluzione. L’acqua in cui stavano cercando era così inquinata che non consentiva altro che una visibilità di pochi metri.
Di conseguenza, mappare il sito sarebbe stato difficile e richiedeva l’uso di sonar e di altre sofisticate apparecchiature subacquee.
Nel 1982, prima di lasciare il Brasile per procurarsi l’equipaggiamento necessario, Robert Marx riuscì ad ottenere il permesso dal governo brasiliano di esplorare il sito.
Ritornò nel 1983 per iniziare l’operazione di recupero, solo per sapere che il governo brasiliano aveva avuto un ripensamento, anzi la Marina Brasiliana nel frattempo aveva ricoperto il sito con ulteriore sabbia, al fine di proteggerlo da eventuali furti.
La scoperta è stata soppressa dal governo brasiliano.
Robert Marx era deluso e amareggiato. Si chiedeva quali fossero le reali cause di questo repentino cambiamento di rotta, tale da bloccare tutti gli ulteriori scavi.
Venne a scoprire ben presto che mentre era lontano per procurarsi l’equipaggiamento necessario, si era sviluppata una controversia politica.
All’epoca in cui era stato confermato che le anfore erano di epoca romana, la grande comunità italiana in Brasile era estremamente entusiasta di questa notizia. L’ambasciatore italiano in Brasile notificò al governo brasiliano che, poiché i romani furono i primi a “scoprire” il Brasile, a tutti gli immigrati italiani avrebbe dovuto essere concessa la cittadinanza immediata.
Ci sono molti immigrati italiani in Brasile e il governo aveva creato una procedura noiosa e costosa per gli italiani che non si applica agli immigrati portoghesi. Il governo brasiliano non cedette e gli italiani in Brasile organizzarono ben presto manifestazioni. In risposta, il governo brasiliano vietò a tutti i civili il progetto di recupero e decise di censurare ulteriori notizie sul relitto sperando di porre fine al discorso.
Oltre a queste polemiche, un ricco uomo d’affari brasiliano affermò che le anfore erano di sua proprietà.
Sostenne di aver così tanto apprezzato le antiche anfore siciliane che aveva ordinato ad un vasaio in Portogallo di farne delle repliche esatte e di “invecchiarle”. Le aveva quindi portate in Brasile e fatte cadere nella baia di Guanabara.
Tuttavia, esperti dell’Istituto di archeologia dell’Università di Londra e dell’Università del Massachusetts di Amherst, dopo aver esaminato i pezzi di ceramica del sito, hanno determinato che queste anfore erano state fabbricate tra il I secolo a.C. e il terzo secolo d.C. a Kouass, una città vicino al Marocco, che era stata a lungo una colonia romana e un centro per la produzione di anfore.
Quindi, se si deve credere all’uomo d’affari brasiliano, come ha fatto il vasaio portoghese ad invecchiare le anfore di duemila anni? E perché l’imprenditore brasiliano avrebbe fatto fabbricare le anfore, per poi farle cadere nella baia?
Questa è una scoperta che lascia aperti non pochi dubbi, specialmente perché non è stata per niente analizzata, né tanto meno convalidata, dal mondo dell’archeologia tradizionale.
In che modo le antiche anfore romane arrivarono fino in Brasile? Erano a bordo di una nave che riuscì effettivamente ad attraversare l’Atlantico? Il governo brasiliano sta cercando di coprirlo e impedire ulteriori ricerche? O è tutta una bufala perpetrata da Marx? Le anfore sono davvero così antiche?
Ma soprattutto qual è il vero motivo per non approfondire la questione?
Il fatto che il Brasile abbia fermato e vietato l’ulteriore scavo del sito sembra indicare che ciò che continua a negare sia, in realtà, vero. Il Brasile ha la possibilità di scavare nel sito e dimostrare, una volta per tutte, che il relitto non è di origine romana.
Continuiamo ad aspettare.
Fonti:
https://italoamericano.org/story/2015-1-22/Roman-Ship
Ne’ parlo gia’una rivista di scienze e cultura Tedesca nel 1976