In base a quanto emerso dalla ricerca contemporanea, non risultano solo di grande interesse i contatti e gli scambi commerciali che intercorsero tra la Valle dell’Indo e la Mesopotamia ma anche le possibili origini dei Sumeri. Conosciamo molto, ma non ancora abbastanza, su questo popolo e recenti studi sembrano aver gettato una luce del tutto inattesa sulla loro origine.
Tra le ipotesi più interessanti troviamo quella dell’assirologo italiano Giovanni Pettinato, luminare in questo settore e recentemente scomparso. Per inquadrare la loro storia dobbiamo anzitutto sapere che il termine Sumero in realtà fu attribuito a questo popolo dai suoi successori, gli Accadi. I Sumeri, (o Shumeri da Shumer) chiamavano se stessi sag-giga, letteralmente “la gente dalla testa nera“[1] e la loro terra era chiamata Ki-en-gi, “luogo dei signori civilizzati” o secondo altri autori “luogo della lingua sumera” (John Nicholas Postgate afferma che la parola eme, “lingua”, potrebbe essere diventata en, “signore”, attraverso un’assimilazione consonantica)[2]. Non è comunque noto perché gli Accadi abbiano chiamato questo popolo e la loro terra Šumer[3]. La loro patria di origine resta inoltre ancora oggi del tutto sconosciuta, per quanto si sia certi che non fossero una popolazione di stirpe semitica e quindi originaria della Mesopotamia. Pur non potendo conoscere l’epoca precisa, sappiamo orientativamente che verso il 3500 a.C. questa popolazione sarebbe giunta per occupare la bassa Mesopotamia, alla confluenza del Tigri e l’Eufrate (odierno Iraq sud-orientale). Cosa li abbia spinti però a lasciare le loro terre d’origine per stanziarsi in un luogo arido e paludoso non è dato saperlo.
Sono stati ipotizzati dei mutamenti climatici, come anche che fossero stati cacciati da altre popolazioni ma non esistono fonti o reperti di alcun tipo che documentino un fatto del genere. Non resta che pensare ad una rottura traumatica con una popolazione arcaica e quindi ad un esodo alla ricerca di una nuova terra.
Dagli scavi archeologici sappiamo che verso la fine del III millennio a.C. avvenne la fusione definitiva tra la popolazione sumera e quella semitica. La presenza di tribù semitiche in quei territori era dovuta alla loro attività di pastori nell’Asia occidentale, una terra veramente estesa che comprendeva la steppa siriana, la Palestina e l’Arabia. Alcune di queste tribù semitiche realizzarono i complessi culturali di Ubaid e di Uruk, popolazioni che avevano in parte acquisito una stanzialità raggiungendo un discreto sviluppo tecnologico e organizzativo. Come affermavamo, non è possibile datare l’arrivo dei Sumeri in Mesopotamia in modo preciso[4]. Molto probabilmente si trattò di una penetrazione graduale e lenta che portò all’integrazione con le culture locali.
L’analisi del lessico sumero costituisce una prova ulteriore del fatto che questa cultura ebbe origine da più complessi culturali integrati. I nomi delle loro città, ad esempio, non hanno senso nella stessa lingua sumera invece presentano analogie con i nomi delle città della Mesopotamia settentrionale, corrispondenti al lessico della civiltà di Ubaid. Molti termini relativi alle funzioni produttive di base (come ad esempio i vocaboli che si riferiscono alla fabbricazione della birra, l’agricoltura, il cuoio, le costruzioni ecc.) non sono di origine sumera ma sono da attribuirsi ad una lingua di substrato con possibili connessioni nell’area iranica[5], mentre vocaboli che si riferiscono a funzioni più specialistiche e di tipo direttivo-amministrativo sono di chiara origine sumera.
Già nel periodo della cultura Ubaid, la cui prima presenza storica è attestabile nell’area al 5200 a.C. con la città stato di Eridu[6], si realizzò in Mesopotamia la canalizzazione delle acque del Tigri e dell’Eufrate, un’opera ingegneristica di notevoli proporzioni che rese ampiamente navigabili canali e corsi d’acqua creando quindi un’estesa rete commerciale che raggiungeva Eridu e da cui era possibile mantenere contatti con le coste arabe e indiane.
L’assirologo Giovanni Pettinato, partendo dal presupposto che i Sumeri non fossero originari dell’Iraq, per le diversità delle loro caratteristiche linguistiche e somatiche, in base ai testi studiati e rinvenuti di questo popolo, proponeva tre ipotesi sulla loro origine. La prima vorrebbe che fossero originari dei monti a nord della Mesopotamia (i monti Zagros) nell’altopiano iranico.
La seconda vorrebbe invece che fossero originari della Turchia ma anche questa possibilità, salvo che da somiglianze linguistiche, non sembra essere suffragata da alcuna prova definitiva.
Attraverso lo studio dei loro testi Pettinato, così come molti altri studiosi, è riuscito invece a trovare molte allusioni letterarie che sembrano indicare come luogo di origine dei Sumeri il mare.
Su tale evidenza Pettinato ha ritenuto che l’ipotesi più plausibile per la loro origine fosse proprio una migrazione proveniente dal sud-est dell’India e l’unica popolazione identificabile con quei luoghi è la Civiltà Harappa, detta della Valle dell’Indo.
Tale identificazione è avvenuta per almeno due motivi: l’appellativo di ‘teste nere’ che si erano scelti i Sumeri (abbiamo già parlato dei testi di Ur della fine del III millennio a.C. che descrivono Meluhha come ‘terra delle montagne nere’) e le similitudini tipologiche con gli indiani di questa zona. L’assirologo Pettinato precisa che:
L’ipotesi più accreditata archeologicamente – su questo punto si ha l’unanimità assoluta degli studiosi – è che i Sumeri non siano autoctoni, ma che siano immigrati in un imprecisato momento della preistoria nella Bassa Mesopotamia. Circa il luogo di provenienza prevale ancora oggi l’ipotesi di una migrazione dalla Valle dell’Indo, per via marittima. In tal senso può infatti venire spiegata la denominazione che i Sumeri danno a se stessi di Teste Nere, come pure l’importanza che riveste nella mitologia sumerica il paese di Dilmun, da ricercarsi nelle odierne isole Bahrein nel Golfo Persico-Arabico, chiamato in un testo addirittura ki-en-gi, cioè «Sumer»[7].
Sembra quindi altamente plausibile, anche per l’archeologia più accademica, ipotizzare con un alto grado di possibilità che i Sumeri potessero essere originari della Valle dell’Indo. Questo dato, qualora sarà confermato definitivamente, potrebbe davvero cambiare la nostra considerazione su questo popolo.
Non deve essere inoltre sottovalutata la possibilità che questo popolo, una volta giunto in Mesopotamia, abbia ricreato una struttura religiosa che chiamasse in causa il culto della montagna.
Lo studioso Federico Arborio Mella è del parere che esistano con la lingua sumera:
parentele linguistiche anche con gli idiomi dravidici, cioè dell’India meridionale. E allora starebbe in piedi l’ipotesi che i Sumeri provenienti dall’India, si siano stanziati nell’Asia centro-occidentale e di qui alcuni di loro si siano poi avviati alle foci dei due fiumi… Comunque sia, il loro primo insediamento in Mesopotamia fu Uru-Dug o Nun-ki, più tardi chiamata Eridu… vi sorgeva il gran tempio E-apsu, dedicato al dio Enki, che li aveva guidati fin lì[8].
L’archeologo Leonard Woolley scriveva invece che la ceramica «chiamata, a torto, di Al-Ubaid, in realtà fu trovata la prima volta a Eridu, la più meridionale e, per tradizione, la più antica delle città sumeriche. Se così fosse, ecco la ragione per cui sulla costa orientale del Golfo Persico, anche nella terra che i Sumeri chiamavano Meluhha, si veneravano alcune delle divinità della Mesopotamia. Ai tempi di Sargon, sul finire del III millennio a.C., gli Accadi loro successori continuarono ad intrattenere ancora rapporti commerciali con Meluhha, tanto che pesi e sigilli sumeri sono stati trovati negli insediamenti di Mohenjo-daro e Harappa.
La primigenia cultura itinerante, forse quella di Mehrgarh, i cui primi accenni risalgono addirittura al 7500 a.C., potrebbe quindi essere all’origine della civiltà sviluppatasi nella Terra fra due fiumi.
Sotto il regno di Gudea, sul finire del III millennio a.C., giunsero sicuramente da Melukhkha legname e corniola (una varietà del quarzo calcedonio) per la costruzione del tempio dedicato al dio Ningirsu a Lagash.
Indiani e Sumeri uniti dalla genetica
Uno studio pubblicato[9] sulla rivista scientifica PLoS ONE sembra gettare nuova luce sul dibattito che riguarda le origini del popolo sumero. I risultati di questo studio mostrano come i resti di individui scoperti durante scavi archeologici e appartenuti a questo popolo possiedano una stretta affinità genetica con alcune popolazioni del subcontinente indiano, in particolar modo con popolazioni della zona trans-himalayana, ovvero l’area del Tibet. Questo dato suggerisce, senza ombra di dubbio, che almeno una parte degli antenati del popolo sumero discendano da migrazioni avvenute verosimilmente in epoca paleolitica, periodo in cui si iniziò a sviluppare la tecnologia degli utensili e che si concluse circa 10.000 anni fa. La Mesopotamia è considerata generalmente la “culla della civiltà” ma, come abbiamo potuto vedere, queste certezze si stanno lentamente modificando per dare spazio ad una nuova realtà in cui il bacino asiatico sembra sempre più porsi come una delle prime e vere “culle” della razza umana.
Gli studiosi hanno analizzato le sequenze di DNA estratto dai corpi recuperati durante gli scavi (prevalentemente denti umani) di oltre 350 individui sepolti a Tell Ashara (l’antica Terqa) e a Tell Masaikh (l’antica Kar-Assurnasirpal), ovvero in siti archeologici nell’attuale Siria. Hanno datato questi corpi tra la prima Età del Bronzo e il tardo periodo romano (tra il 2500 a.C. e il 500 d.C.).
Usando l’analisi del DNA mitocondriale, gli studiosi sono stati in grado di ottenere informazioni sull’ascendenza di questi individui confermando che possedevano specifici marcatori genetici propri di popolazioni del subcontinente indiano ma assenti oggi negli individui che vivono in Siria. L’assenza di tracce nella moderna popolazione siriana è spiegabile con lo spopolamento e la successiva ricolonizzazione di questi territori, cosi come confermato dalla storia e in particolar modo dalle invasioni mongole del XIII secolo e quelle di tribù nomadi dal XVII secolo.
Il dato sconcertante è che questi stessi aplogruppi sono presenti tra gli individui che vivono oggi in Tibet, Himalaya, India e in Pakistan.
Questo dato suggerisce uno stretto legame genetico tra i popoli mesopotamici, in particolar modo i Sumeri, con le popolazioni del subcontinente indiano del passato avvalorando ancor di più ipotesi come quelle proposte dall’orientalista Giovanni Pettinato che ritenevano i Sumeri originari proprio della zona dove si sviluppò la civiltà Harappa.
Un ultimo parallelismo degno di nota e, imprescindibilmente, da non omettere riguarda la montagna più sacra per l’induismo, il Monte Meru, luogo in cui risiedevano gli dei, il centro dell’universo primordiale, con i suoi sette continenti disposti come petali di un fiore di loto e circondata dai mari e dall’ultima catena di vette oltre le quali si affaccia il vuoto cosmico.
La manifestazione fisica del mitico Meru è il monte Kailash, posto sulle vette himalayane. L’antico nome con cui, fin dai primordi dell’induismo, questa vetta sacra fu conosciuta è però un altro. Il prefisso Su implica lode ed esaltazione dell’oggetto o del nome personale che lo segue. Era conosciuto e chiamato nei testi sacri indiani Sumeruparvata o più comunemente anche Sumeru, con il significato di “Magnifico Meru”[10].
Se esista una correlazione con l’antica terra dei Sumeri, le loro origini che, come ricordava Giovanni Pettinato potevano essere fatte risalire alla Valle dell’Indo, e ad un flusso migratorio che da quelle terre si direzionò verso la Mesopotamia (come dimostrato dalla genetica) portando le sue tradizioni e conoscenze non lo possiamo sapere ma non potevamo esimerci dal citarlo all’interno di questo testo dove i legami tra India e Vicino Oriente sembrano essere emersi con preponderanza e forza.
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[1] HALLO, SIMPSON, p. 28.
[2] POSTGATE.
[3] VAN DER TOORN, VAN DER HORST, pp. 1-29.
[4] LIVERANI 2004, p. 123.
[5] Ivi.
[6] LIVERANI 2009, p. 91.
[7] PETTINATO 2005, p. 111.
[8] ARBORIO MELLA 1978.
[9] WITAS et al. 2013; SOLTYSIAK, BIALON 2013, pp. 341-356; FIRASAT et al. 2007, pp. 121-126.
[10] KLOSTERMEIER 2001.
Tratto da Dall’India alla Bibbia di Enrico Baccarini e Andrea Di Lenardo
Salve,
per quanto riguarda l’origine dei Sumeri e il possibile legame della loro lingua con quelle dravidiche, vi segnalo della presenza da molti secoli nel Pakistan occidentale, al confine con l’ Iran ,della numerosa comunità dei Brahui che parla un linguaggio dravidico. Tale comunità è stata anche legata da alcuni studiosi sia alla civiltà dell’ Elam sia a quella di Harappa.
A tale proposito mi sembra interessante su Wikipedia l’articolo “Elamo dravidian language”.
Colgo l’occasione per chiedervi se l’appellativo che i sumeri davano di se stessi come quelli dalla testa nera si riferisce ai capelli o al colore della pelle del viso.
Grazie per aver pubblicato questa via di ricerca..concordo totalmente anche per il nesso che si può trovare nella Genesi . Marco