Sappiamo tutti che la Grande Piramide custodisce da millenni, molti misteri. Non lo fa per nasconderci qualcosa, ma per darci la possibilità di scoprirli con calma, mano a mano che cresce la nostra consapevolezza.
Anch’io, come tanti, sono stato attirato dal vortice della mia insaziabile curiosità di capire che cosa fosse nascosto in quelle pietre e da molti decenni ho cercato di accendere una luce in questa ridda di informazioni e interrogativi.
Mille sono le domande che possiamo farci, purtroppo non sono altrettante le risposte certe che possiamo darci. Una di queste è:
Perché gli Egizi progettarono e realizzarono un complesso piramidale di quelle proporzioni in quel dato luogo, con quella speciale dislocazione degli edifici, con quella forma e quelle determinate misure?
Come architetto ho dato anch’io il mio contributo pubblicando due libri:
- Nel cantiere della Grande Piramide, Ananke Torino 2012, tradotto anche in inglese e francese
- Armonia Universale, Priuli&Verlucca Torino 2016
Un fatto mi pareva certo. L’intero complesso piramidale di Giza e la Grande Piramide in particolare, non potevano essere stati eretti senza un progetto specifico e unico molto accurato, procedura che presupponeva una profonda conoscenza della geometria e della matematica.
Lo sostiene anche il celebre egittologo francese Georges Goyon, professore alla Sorbona che nel suo libro Il segreto delle grandi piramidi1 scrive:
Si può affermare che anche i minimi dettagli della piramide possono essere considerati come il risultato di un’operazione matematica o geometrica lungamente meditata.
Malgrado ciò la Grande Piramide in modo particolare, presenta ancora molti punti oscuri. Tra questi:
Quando è stata costruita ? Quanto è durato il cantiere? E soprattutto, perché l’hanno fatta?
Giza e la Grande Piramide
Durante i miei studi sulla costruzione della GP, è ovvio che mi sia chiesto quale fosse stata la reale finalità che gli Egizi perseguirono nel realizzare il complesso piramidale di Giza.
Mi sono imbattuto in molte teorie che tentano di dare una risposta credibile a questo interrogativo.
È naturale che anch’io abbia un’opinione in merito.
L’ho esposta nel mio libro Armonia Universale.
Nel presente scritto, mi limito a presentare sinteticamente un interessante e purtroppo poco conosciuto studio, che ho avuto modo di vedere solo di recente (2014), che da solo potrebbe spiegare vari aspetti finora inspiegati della piramide stessa.
Si tratta dell’opera di Gian Carlo Duranti, un geniale ingegnere ligure (1922- 2013) che aveva pubblicato vari saggi su temi diversi (archeologia, storia, ingegneria, geometria sacra, Bibbia) tra cui alcuni dedicati alla matematica e alla geometria egizia, che però, forse per la riservatezza del suo autore e/o per la difficoltà intrinseca della materia esposta, non avevano avuto la diffusione e l’apprezzamento che meritavano.
L’ipotesi di Gian Carlo Duranti
La Grande Piramide, secondo lo studio dell’ing. Gian Carlo Duranti, studioso definito “geniale” dal Prof. Emilio Spedicato2, fu inizialmente costruita per essere un osservatorio astronomico. Ho scoperto questa sua interessante ipotesi, consultando con molto interesse uno dei suoi scritti dal titolo Il Mistero della Grande Piramide (Atti del 2° simposio mondiale su scienza, tradizione e dimensioni del sacro, Repubblica di San Marino 2001).
In questo suo scritto, egli fornisce un importante contributo, proponendo una tesi che, se provata, spiegherebbe essenziali aspetti della conformazione piramidale, dando un senso a scelte egizie rimaste finora relativamente oscure:
- A cosa serviva veramente la Grande Galleria?
- Perché ha quella forma apparentemente inspiegabile?
- Perché la Grande Piramide sembra costruita in due tempi diversi?
Le risposte di Duranti sono veramente sconcertanti e al contempo affascinanti.
La Grande Piramide sarebbe sorta in due tempi tra loro molto distanti. Una prima parte, iniziata intorno al 3400 a.C., aveva una forma a piramide tronca (mastaba) e si elevava fino a quello che ora è il piano di base della Camera del Re a quota +43 m da terra.
Nel pieno della massa delle rocce che compongono la mastaba (fig.1), è ricavata una lunga parte vuota detta Grande Galleria, composta da un lungo camminamento in salita (fig.2).
La galleria è delimitata ai lati da due pareti inclinate che tendono ad incontrarsi nella parte alta (fig. 4) e costituite la massi di roccia aggettanti e cioè sporgenti a guisa di scaletta. La distanza tra gli aggetti è sempre identica.
Effettivamente la Grande Galleria ha una forma stranissima e di difficile interpretazione. È preceduta da un piccolo cunicolo (in basso) ed è chiusa in alto. Nessuno era mai riuscito a capire a che cosa potesse veramente servire e a darne una motivazione sostenibile.
3 – La Grande Galleria
4 – Sezione trasversale
5 – Ricostruzione del suo uso secondo G.C. Duranti
Le spiegazioni esistenti sono le più diverse e non mi convincevano affatto, come ad esempio:
- Spazio dedicato ad accogliere statue di dei egizi o di precedenti faraoni. Cosa completamente illogica dato che nessuno le avrebbe mai più viste dopo la chiusura definitiva della piramide e per un edificio non funerario (al suo interno nessuna mummia, né corredo funerario).
- Spazio dedicato a contenere i blocchi da far scivolare nel budello in basso per la sigillatura definitiva della piramide. Inutile creare uno spazio gigantesco per 3 piccoli blocchi.
- Spazio dedicato a creare uno scivolo per la salita dei blocchi. Cosa impossibile dato che la Grande Galleria in basso era chiusa verso l’esterno (quindi impossibilitata a ricevere blocchi) e arrivava solo a quota +43, quando la piramide si sviluppa ancora in altezza per quasi 100 m.
In contropartita questo spazio vuoto, sembra un enorme cannocchiale puntato verso il cielo e secondo G.C. Duranti sarebbe servito agli Egizi per l’osservazione del cielo stellato.
L’immagine 5 mostra come doveva apparire il cielo notturno (parte nera nella foto) agli astronomi egizi se l’ipotesi di Duranti fosse confermata: la porzione di cielo visibile era limitata dalle pareti scalettate che potevano servire da riferimento.
Questa interessante ipotesi è avvallata anche dal fatto che nella parte bassa della galleria c’è inoltre una specie di avvallamento che poteva contenere una vasca bassa che sarebbe stata riempita di acqua. L’acqua avrebbe funzionato da specchio (proprio come avviene nei telescopi odierni) per facilitare lo studio degli astri.
Finita l’osservazione, l’acqua sarebbe stata fatta evacuare facendola scendere in quello che oggi si chiama condotto dei ladri.
Sarebbe proprio nella Grande galleria che i sacerdoti egizi avrebbero studiato le stelle e in particolare la costellazione di Orione che, secondo le credenze egizie, era il luogo dove andavano i faraoni dopo la loro morte.
– – – – – o O o – – – – –
Sempre secondo Gian Carlo Duranti, la seconda parte della Grande Piramide sarebbe stata realizzata circa 600/700 anni dopo.
Nel frattempo sul trono era arrivato Cheope, il quale dopo aver sicuramente interpellato i sacerdoti astronomi e sinceratosi che il lavoro di ricerca celeste era terminato, decise di far chiudere la mastaba trasformandola in piramide. Si trattava a quel punto di:
- Costruire la camera de Re sormontata dalle cosiddette “camere di scarico”.
- Continuare nella costruzione della struttura interna a gradoni/gradini.
- Rivestire il tutto con una “facciata” di pietra bianca di Tura.
Questa ipotesi di G.C. Duranti, che considero molto affascinante, è stata per me una vera e piacevole scoperta in quanto spiegherebbe, in maniera a mio avviso realistica e credibile, la funzione della Grande Galleria ed avrebbe anche il vantaggio di:
- Rendere credibili i tempi di costruzione di tutta la piramide indicati da Erodoto in circa 20 anni, come anche descritto nel documentato articolo di Massimo Barbetta, in quanto riferiti ad una parte minoritaria del cantiere (pari a circa 36% dell’intera piramide).
- Rendere credibile l’ipotesi di costruzione indicata da Erodoto secondo la quale la Grande Piramide in origine sarebbe stata a gradoni e che solo in un secondo tempo sarebbe stata ricoperta da una facciata.
Questa ipotesi è stata ripresa dall’Ing. Celeste Rinaldi il quale avendo realizzato assieme al suo collega Ing. Maragioglio il rilievo dettagliato di tutto l’edificio3, ha anche potuto verificare e approfondire in loco molti dettagli costruttivi che lo portarono a formulare questa ipotesi. - Capire il perché dopo il terribile terremoto del 1302 d.C. solo la pelle della piramide sia crollata, mentre il nucleo interno ha resistito. Infatti la pelle era formata da massi a sezione trapezoidale appoggiati a gravità e non solidali con il nucleo.
Non posso fare a meno di notare che questa spiegazione avvalorerebbe la mia ipotesi costruttiva che prevede una piramide interna, ricoperta da una facciata applicata, come descritto nel mio succitato libro: Nel cantiere della Grande Piramide.
A conclusione di questa analisi, desidero riportare una frase riportata dal libretto di G.C. Duranti Il Mistero della Grande Piramide a pag. 5 il quale molto modestamente scrive:
“Per mettere d’accordo astronomi ed egittologi basta allora una notizia riferita da Proclo nel Commentario al Timeo, dove dice che il tronco della Grande Piramide, al di sotto del piazzale (omissis) sul quale verrà poi edificata la ‘Camera del Re’, era destinato a osservatorio astronomico.
Non è quindi scoperta di cui si possa menar vanto il dedurre che, intorno al 3440, fu costruito il tronco della Grande Piramide destinato a osservatorio, e che dopo nove secoli di rilievi astronomici, destinati soprattutto a studiare la precessione degli equinozi, fu costruita, negli anni intorno al 2500, la “Camera del Re” e venne completata l’edificazione della Piramide”
– – – – – o O o – – – – –
In favore di questa interpretazione, desidero ricordare che vi sono altri siti che presentano realizzazioni simili e che sono stati interpretati come osservatori astronomici.
Uno di questi è visibile in Sardegna ed è conosciuto come il pozzo di Santa Cristina (figg. 6 e 7), che viene fatto risalire al secolo XI a.C. ma per alcuni studiosi è molto più antico. Forse coevo con le piramidi Giza.
1 – Titolo originale Le secret des bâtisseurs des grandes pyramides. Parigi 1977 e successiva traduzione in italiano del 1980, Il segreto delle grandi piramidi (pag. 60).
2 – Emilio Spedicato (1945) è un matematico e accademico italiano noto per i suoi contributi all’algebra lineare numerica. È altresì un uomo di grande cultura umanistica e autore di molti scritti relativi al mondo egizio e storico in generale.
3 – Vito Maragioglio – Celeste Rinaldi. L’architettura delle piramidi menfite – Volume IV° – Tipografia Artale – 1965
Questa ipotesi fu già “svelata” al capitolo 26 del libro “i racconti di Belzebù a suo nipote” di G.I. Gurdjieff intorno agli anni ‘20.